Busa da Ghet

In italiano si dice “Tomba di Ghedi”. Come mai vi è questa tomba sperduta su un argine della Roggia Alchina? E chi mai era quest’uomo? Ecco la storia di chi era il Robin Hood locale, giustiziato oltre 200 anni fa.

Paolo Ghedi nasce a Crema il 20 maggio 1787 nella parrocchia di S. Benedetto, ultimo di cinque fratelli, figlio di Joanna Perotta e Giuseppe Ghedi. Nel 1802, all’età di quindici anni rimane orfano di madre, il di lei funerale viene fatto per carità dal parroco poiché la famiglia versava in condizioni di grave povertà. Nel 1808 muore suo padre Giuseppe all’ospedale degli infermi di Crema. A quell’epoca vigeva la leva militare obbligatoria di ben quattro anni. Questo costringeva le famiglie a privarsi per molto tempo di giovani lavoratori, tuttavia in molti decidevano di disertare. I disertori spesso tornavano nei loro luoghi d’origine e venivano protetti dalla popolazione locale, specie nelle fasce più povere.


Nel 1805 Paolo Ghedi viene arruolato nella Guardia Nazionale, ma l’anno successivo non si trova traccia di lui su tali registri. L’ipotesi più solida è che abbia scelto di disertare; infatti al momento della sua cattura viene bollato come “senza fissa dimora”. Probabilmente aveva deciso di darsi alla macchia, così come fecero molti disertori prima di lui. Tali sbandati spesso si riunivano in vere e proprie bande per procurarsi da vivere. Una prova ne è la segnalazione fatta dal comune di Capralba alla vice prefettura di Crema nel 1811 nel quale si segnale un’aggressione sulla strada tra Crema e Capralba fatta ad opera di sei persone ignote. Più precisamente la rapina viene fatta nei pressi del Bosco Canito, un bosco oggigiorno scomparso.

Di documentato si conosce poco di Paolo Ghedi, tant’è che non si sa di che crimini si sia macchiato nel corso degli anni. Si conosce di una rapina a Corte Palasio (piccolo comune della provincia di Lodi) ai danni di un mugnaio e del suo dipendente, effettuata insieme ad altri banditi.  I rapinatori minacciarono di morte con una pistola il mugnaio pur di impossessarsi dei suoi soldi. Non ci sono prove certe riguardo alla partecipazione di Paolo a questa rapina.

Non si sa in che circostanze e dove venne catturato Paolo, c’è chi narra che sia stato preso dai gendarmi in una bettola della zona, ma non esistono fonti certe. Si conosce tuttavia il luogo della sua ultima rapina, ovvero il luogo dove oggigiorno vi è la sua tomba: sull’argine della Roggia Alchina, in prossimità di quello che un tempo era il bosco Canito.


Paolo Ghedi venne catturato a giugno del 1816 e venne sottoposto ad un tribunale speciale (lo stesso utilizzato per delitti politici e crimini gravissimi) che lo condannò ad impiccagione.

Così, pochi giorni dopo l’arresto, Paolo Ghedi venne impiccato davanti ad una folla accorsa a vedere la morte di un uomo che aveva commesso alcune rapine. Nella sentenza dell’epoca non si nominano diserzione o efferati crimini, quindi la pena di morte risultò particolarmente severa. Che i gendarmi volessero dare a tutti un esempio esemplare? La risposta resta ignota.

La mancanza di documenti storici approfonditi, la velocità della sentenza e la pena di morte per un rapinatore hanno contribuito a elevare la figura di Paolo Ghedi a mito, quasi ad eroe.

Si narra che, prima di essere impiccato, Paolo chiese di poter parlare alla folla dinanzi a lui. Raccomandò alle madri di vigilare sull’educazione dei figli affinché essi non facessero la sua stessa fine, perché se solo sua madre non fosse morta quando lui aveva 15 anni lui non si sarebbe trovato in quelle condizioni, appeso alla forca. Altri elementi più fantasiosi girano intorno alla sua figura.

Leggenda vuole che ogni sua rapina fosse accompagnata da atti di generosità nei confronti dei contadini e dei più poveri; che la pistola con la quale minacciò il mugnaio fosse scarica; che dovette addirittura scavarsi da solo la tomba che lo avrebbe accolto nei secoli successivi.

Non si sa quanto di questo sia vera e quanto frutto della tradizione popolare, quel che è certo è che il 28 giugno del 1816 Paolo Ghedi esalò l’ultimo suo respiro appeso ad una corta sulla riva dell’Alchina. La sua tomba, recentemente restaurata, è tutt’oggi mantenuta in buone condizioni, con forti rose che crescono sulla tomba ad addolcire l’eterno riposo del Robin Hood cremasco.


Approfondimenti

Bosco Canito