Marcite

La marcita è una tecnica di lavorazione delle terre che era tipica della pianura Padana. Tale tecnica, praticata anche nel territorio capralbese, permetteva di ottenere fino a nove tagli di foraggio, contro i tipici quattro o cinque del prato stabile (senza lavorazione).

Le marcite derivano dall’abitudine di sfalciare l’ultima erba dell’anno e lasciarla posizionata sul campo stesso, facendo scorrere in modo lento e continuo un velo d’acqua sul terreno. Tale erba fungeva da concime. L’acqua che veniva utilizzata era spesso quella proveniente dai fontanili poiché manteneva praticamente stabile la sua temperatura durante tutto l’anno (da un minimo di 10 ad un massimo di 14°C) e questo permetteva di far crescere il foraggio persino in autunno ed inverno.

Nell’immagine: dipinto “Risaja” di Luigi Steffani, olio su tela, 1864


Si ricorda un antico proverbio inerente alle marcite: “l’erba sta sulla punta del badile del camparo”. Esso si riferiva alla figura del camparo, ovvero un contadino che difficilmente cambiava padrone e che conosceva alla perfezione tutte le vie d’acqua giunte ai campi di sua competenza. Egli aveva il compito di mantenere in perfetta efficienza la marcita: coprendo le buche delle talpe, controllando che nessuno manomettesse l’arrivo dell’acqua, eliminando i ristagni, abbassando il livello dell’acqua nelle giornate più calde e lo aumentandolo in quelle più fredde, in modo da proteggere il coltivato.

A livello storico si ritiene che siano stati gli ordini monastici a introdurle, in particolare Benedettini, Certosini, Umiliati e Cistercensi. Se ne trova traccia in un documento degli inizi del 1400, anche se si suppone che siano stati gli Umiliati ad “inventarle” già prima del 1200 e i Certosini a diffonderle. Così come per le risaie, anche per le marcite dal XVIII secolo si sollevarono movimenti contrari al loro utilizzo per motivi sanitari. Nel corso del XX secolo le colture a marcita sono state abbandonate a favore della coltura industriale del granoturco, più redditizia. Tale cambiamento ha fatto sì che le marcite venissero abbandonate nel corso degli anni. Oggigiorno se ne trovano molto raramente nella pianura Padana e nessuna in territorio capralbese.

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